In questo post ci occupiamo delle imprese e della produzione in microeconomia.
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Table of Contents
- La proprietà e il controllo delle imprese
- La produzione in microeconomia: generalità
- La produzione di breve periodo: un input variabile e uno fisso
- La produzione di lungo periodo: due input variabili
- La produzione in microeconomia: i rendimenti di scala
- La produttività e il progresso tecnico
- Infografica imprese e produzione in microeconomia
La proprietà e il controllo delle imprese
Nell’analisi della produzione in microeconomia, si trascurano le complicazioni che potrebbero sorgere se i proprietari delle imprese fossero diversi da chi la gestisce: i manager (disallineamento degli obiettivi).
Ipotizziamo che il proprietario sia anche il colui che gestisce l’impresa.
PROPRIETARIO = MANAGER
Gli obiettivi dei proprietari sono molteplici. Nell’analisi del comportamento delle imprese ci concentriamo soltanto sull’obiettivo della massimizzazione del profitto.
Il profitto si indica con la lettera greca “pi” (π).
π = R – C
Dove R sono i ricavi e C i costi.
Per massimizzare il profitto l’imprenditore deve massimizzare i ricavi e minimizzare i costi.
La produzione in microeconomia: generalità
Gli input (fattori della produzione)utilizzati sono moltissimi, ma possono essere sintetizzati in tre categorie:
Input durevoli come terreni, fabbricati, attrezzature, ecc…
Prestazioni occasionali, lavoratori specializzati, lavoratori non specializzati, ecc…
Materie prime, semilavorati, prodotti finiti
La funzione di produzione
La funzione di produzione indica la quantità prodotta, detta output (q)che varia in base ai fattori produttivi, detti input (L, K).
q = f(L,K)
*IPOTESI DI EFFICIENZA: la funzione di produzione contiene soltanto la quantità massima che si può produrre.
Si suppone che non ci siano inefficienze.
Il tempo e la variabilità degli input
Ad ogni impresa occorre del tempo per modificare i fattori di produzione.
Ad esempio, ci vuole del tempo per trovare nuovi macchinari, nuovo personale specializzato, modificare gli impianti produttivi, ecc…
In particolare, definiamo:
è un lasso di tempo tanto breve da non consentire l’adeguamento di almeno uno dei fattori produttivi (K,L).
Nel breve periodo, l’input che non può essere adeguato si chiama input fisso (e si indica tipicamente con una linea sopra: (K̅, L̅), mentre si chiama input variabile il fattore della produzione che può essere adeguato nel breve periodo.
Tipicamente, si identifica K come input fisso nel breve periodo.
è il lasso di tempo sufficientemente lungo da consentire l’adeguamento di tutti gli input (nel lungo periodo tutti gli input sono variabili!).
La produzione di breve periodo: un input variabile e uno fisso
q = f(L,K̅)
Introduciamo alcuni concetti:
- Prodotto totale (q): quantità totale prodotta dati i fattori produttivi.
- Prodotto marginale del lavoro (MPL) [ Marginal product of labour]
Indica la variazione di prodotto totale derivante dall’utilizzo di un’unità aggiuntiva di lavoro.
- Prodotto medio del lavoro (APL) [Average product of labour]
È il rapporto tra la produzione totale (q)e il lavoro totale (L)impiegato per realizzarlo.
In simboli, abbiamo che:
Per vedere come queste misure siano in relazione, facciamo un esempio della funzione di produzione di breve periodo.
Un esempio sulla funzione di produzione di breve periodo
Ipotizziamo che un’azienda abbia 8 postazioni di lavoro (K̅)fisse nel breve periodo, e che la manodopera (L)sia l’input variabile.
Avremo la seguente tabella che riassume la funzione di produzione.

Facciamo alcune osservazioni su questa tabella, che racchiude le informazioni sulla produzione di questa impresa:
- K rimane fisso, come avevamo detto, in quanto è l’input fisso nel breve periodo.
- L aumenta di un’unità alla volta
- q che è la quantità totale aumenta fino a 11 lavoratori (L).
Da L=12 in poi la quantità di output inizia a diminuire. - Il prodotto marginale del lavoro (MPL)aumenta fino a toccare il suo massimo per 4 unità di lavoro (L=4), e dopo diminuisce, fino ad arrivare a zero in corrispondenza di 11 unità lavorative.
Significa che con 4 lavoratori, si ha il massimo prodotto aggiuntivo. Il quinto lavoratore apporta comunque una quantità positiva, sebbene inferiore, così come il sesto e così via.
L’undicesimo lavoratore non apporta prodotto marginale (MPL=0). Dal 12esimo lavoratore in poi, ciascun lavoratore aggiuntivo non soltanto non apporta nuova produzione, ma la fa diminuire (MPL è negativo), quindi i lavoratori aggiuntivi non sono inutili, ma addirittura dannosi. - La quantità totale prodotta (q)inizia quindi a diminuire in corrispondenza di MPL=0
- Dopo la linea rossa, l’impresa smette di produrre e di aggiungere lavoratori (perché ogni lavoratore aggiuntivo fa diminuire la quantità di output (MPL è negativo dopo la linea rossa!).
Perché ad un certo punto con più lavoratori si produce meno?
Perché ad un aumento dei lavoratori non corrisponde un adeguamento della struttura produttiva. I lavoratori diventano troppi per i tavoli a disposizione per la lavorazione e iniziano ad ostacolarsi tra di loro. Lo vedremo poco più avanti, in merito alla legge dei rendimenti marginali decrescenti.
Rappresentazione grafica della produzione di breve periodo
Quanto abbiamo visto nella tabella precedente ci da tutte le informazioni sulla rappresentazione grafica della produzione nel breve periodo.
Nel grafico, i valori numerici si riferiscono alla tabella dell’esempio, tuttavia, la forma delle curve di produzione è uguale anche per altre imprese (con valori differenti).

Commentiamo brevemente il grafico.
GRAFICO SUPERIORE: rappresenta la quantità totale prodotta.
GRAFICO INFERIORE: Rappresenta il prodotto marginale del lavoro (MPL)e il prodotto medio del lavoro (APL).
Come vediamo, la quantità prodotta (q) tocca il suo massimo in corrispondenza di 11 unità di lavoro(vedi tabella precedente). In particolare, con 11 lavoratori, la quantità prodotta è di 110 unità.
Nel grafico inferiore, in corrispondenza di 11 lavoratori, il prodotto marginale del lavoro è 0. Poi comincia a scendere.
MPL raggiunge il suo massimo (20) quando ci sono 4 lavoratori.
APL raggiunge il suo massimo quando si interseca con MPL, in corrispondenza di 6 lavoratori.
Notiamo come quando MPL è sopra APL, APL stesso cresce, mentre quando si trova sotto, APL stesso decresce. Questo è logico.
Se la media di quanto prodotto dai lavoratori (APL) è inferiore a quanto ogni lavoratore aggiuntivo produce (MPL), allora il lavoratore aggiuntivo farà salire la media. Viceversa, se la media è maggiore di quanto il lavoratore aggiuntivo produce, il lavoratore aggiuntivo farà diminuire la media.
Dopo le 11 unità di L, come vediamo, q inizia a diminuire (grafico superiore), e la quantità prodotta dal lavoratore aggiuntivo (MPL)è sotto lo zero. Quindi certamente l’impresa non produrrà mai più di 11 unità.
L’impresa smette di produrre quando MPL = 0.
La legge dei rendimenti marginali decrescenti del lavoro
La legge dei rendimenti marginali decrescenti è una legge empirica, che afferma che se un’impresa continua ad aumentare un input (in questo caso il lavoro), mantenendo costanti tutti gli altri input e la tecnologia, i corrispondenti incrementi della quantità prodotta (q)finiranno per diminuire.
In altre parole, se si incrementa un solo input, il rendimento marginale di tale input finirà per diminuire.
Rendimenti marginali decrescenti è diverso da rendimenti decrescenti.
il lavoratore aggiuntivo (almeno fin quando MPL non arriva a zero)ha un rendimento marginale decrescente, ma comunque positivo.
Quando MPL nell’esempio precedente iniziava a diminuire (rendimento marginale decrescente)l’impresa continuava comunque a produrre, soltanto che ogni lavoratore aggiuntivo apportava sempre meno quantità di output (fino ad arrivare a zero).
Per comprendere meglio la legge dei rendimenti marginali decrescenti del lavoro, pensate ad un panificio, in cui il capitale è fisso (K)ed è costituito da due forni, e il lavoro (L)è variabile, ed è costituito dai fornai. All’inizio, ci sono due fornai, e le cose vanno a gonfie vele.
Si pensa di aumentare il fattore lavoro (L)prendendo a lavorare un nuovo fornaio, che passa le pagnotte agli altri due.
Allora si pensa di assumere un ulteriore fornaio, per un totale di quattro unitò di lavoro, e questo fornaio prepara le pagnotte da passare al secondo fornaio che le imposta in modo tale che i due addetti ai forni possano infornarle agevolmente. Anche qui, la produttività marginale del quarto fornaio è positiva.
Ora immaginiamo che si aggiungano 10 fornai, e ognuno abbia un suo compito e tutto vada per il meglio.
Se si aggiungesse un undicesimo fornaio, la produttività marginale di questo undicesimo fornaio potrebbe diminuire, perché i vari fornai si intralcerebbero a vicenda, quindi il proprietario del forno deciderà di licenziare l’undicesimo fornaio, perché la sua produttività marginale è negativa.
In altre parole, l’undicesimo fornaio “toglie” più di quanto “aggiunge”, perché i fornai sono già abbastanza!
La produzione di lungo periodo: due input variabili
La produzione in microeconomia nel lungo periodo cambia, in quanto l’impresa ha la possibilità di modificare gli input produttivi (capitale e lavoro)in modo da non avere nessun input fisso.
Isoquanti di produzione
Come abbiamo già detto, nel lungo periodo tutti gli input sono variabili.
Nel lungo periodo l’impresa massimizza la quantità prodotta con diverse combinazioni possibili di lavoro e di capitale.
Ad esempio l’impresa può disfarsi dei macchinari inutilizzati, o adeguarli alla produzione necessaria, oppure ancora può trovare e assumere operai specializzati.
Queste combinazioni vengono rappresentate su una curva che si chiama isoquanto di produzione.
L’isoquanto indica le combinazioni di input che danno lo stesso output.
(-iso)lo stesso e (-quanto)quantità.
La stessa quantità.
gli isoquanti rappresentano una produzione efficiente.
Rappresentazione grafica isoquanto di produzione

Proprietà degli isolanti
- Più aumenta la distanza dall’origine, maggiore è il livello di produzione ottenuto
- Non si intersecano tra loro
- Sono convessi rispetto all’origine
- Sono decrescenti
La pendenza di un isoquanto indica la prontezza con cui un’impresa può sostituire un input con un altro.
Ci sono degli isoquanti di particolari tipi di beni che hanno dei grafici specifici.
Isoquanti di perfetti sostituti e di input non sostituibili
Gli isoquanti di produzione quando i due input sono perfetti sostituti sono rette con pendenza -1. L’impresa può sostituire un input con l’altro liberamente.
Quando gli input non sono sostituibili (ci vuole la stessa combinazione, in proporzione, dei due input)allora l’isoquanto si presenta come segue.

Quando i due input non sono sostituibili, gli isoquanti si presentano come due punti (la linea tratteggiata fa notare come aggiungendo più capitale, o più lavoro, non si abbia nessuna quantità prodotta). Se mi trovo nel livello di produzione del punto Q1, e aggiungo solo lavoro (mantenendo il capitale a quel livello), non ottengo nessuna quantità prodotta. Per produrre di più, devo aumentare sia il capitale che il lavoro, e andare nel punto Q2.
La sostituzione degli input
La pendenza di un isoquanto indica la prontezza con cui un’impresa può sostituire un input con un altro, mantenendo costante la quantità prodotta.
Il valore assoluto della pendenza di un isoquanto è chiamato tasso marginale di sostituzione tecnica: MRTS (Marginal Rate of Tecnica Substitution):
*Nota: c’è un segno meno prima della frazione.
MRTS indica il numero delle unità di capitale che l’impresa può sostituire con un’unità aggiuntiva di lavoro, mantenendo costante il prodotto (q̅).
Riordinando i termini, abbiamo che:
ovvero
La rappresentazione grafica del MRTS può rendere meglio l’idea:
Per ottenere un secondo lavoratore, l’impresa deve rinunciare a 4 unità di capitale (K). Per un terzo lavoratore deve rinunciare invece a 3 unità di capitale, e così via.
MRTS ci serve anche quando vogliamo calcolare l’ottima combinazione dei fattori produttivi.
Infatti, per determinare la combinazione ottima dei fattori produttivi, ci basterà eguagliare MRTS = w/r.
Tutte le informazioni dettagliate possono essere trovate nel post dedicato.
La produzione in microeconomia: i rendimenti di scala
I rendimenti di scala si riferiscono alla variazione di output che segue alla variazione proporzionale di entrambi gli input.
In particolare, possiamo avere (clicca su ciascuna voce per vedere i dettagli):
f(αK, αL) = α * f(K,L)
Aumentando entrambi gli input (K ed L)proporzionalmente (entrambi moltiplicati per α), la produzione totale, indicata al secondo membro, aumenta anch’essa proporzionalmente (di α).
f(αK, αL) > α * f(K,L)
Aumentando entrambi gli input (K ed L)proporzionalmente (entrambi moltiplicati per α), la produzione totale, indicata al secondo membro, aumenta in maniera più che proporzionale.
Infatti tra i due membri c’è una disuguaglianza (il segno ‘maggiore‘).
f(αK, αL) < α * f(K,L)
Aumentando entrambi gli input (K ed L)proporzionalmente (entrambi moltiplicati per α), la produzione totale, indicata al secondo membro, aumenta in maniera meno che proporzionale.
Infatti tra i due membri c’è una disuguaglianza (il segno ‘minore‘).
Proviamo a chiarire questo concetto ulteriormente, con un esempio semplice.
Esempio rendimenti di scala
Ipotizziamo di avere una funzione di produzione, che in corrispondenza di 5 unità di capitale (K) e 7 unità di lavoro (L), dia un output di 15 unità.
Sarà rappresentata come segue:
f (5, 7) = 15
Adesso ipotizziamo di raddoppiare entrambi gli input (quindi di aumentarli proporzionalmente entrambi, del doppio).
f(2*5, 2*7) = f(10,14)
Avendo raddoppiato entrambi gli input, quanto produrrò in più come output?
Se f(10,14) = 30 allora i rendimenti di scala saranno costanti (perché l’aumento dell’output, è stato esattamente del doppio (2*15).
Se f(10,14)>30 (ad esempio 31, o qualsiasi altro numero superiore), allora i rendimenti di scala saranno crescenti.
Raddoppiando entrambi gli input (K,L)l’output è più che raddoppiato!
Infine, nel caso in cui f(10,14)<30 (ad esempio 29, o qualsiasi altro numero superiore), allora i rendimenti di scala saranno decrescenti.
Raddoppiando entrambi gli input (K,L)l’output è meno che raddoppiato!
La produttività e il progresso tecnico
Le innovazioni introdotte (in senso ampio, intendendo anche innovazioni nei metodi organizzativi)determinano una maggiore produttività.
In particolare, possiamo avere due tipi di progresso tecnico.
A parità di input, si ha un output maggiore.
Fa aumentare la produttività di uno solo degli input.
Oppure fa aumentare la produttività di entrambi gli input, ma in modo non proporzionale
Infografica imprese e produzione in microeconomia
