Il termine taylorismo è diventato ormai di uso comune.

Il dizionario Treccani lo definisce così:

taylorismo ‹tail- o, all’ingl., teil-› s. m. [dal nome di F. W. Taylor (v. oltre)]. – L’organizzazione razionale del lavoro, quale fu iniziata praticamente e teoricamente, tra l’ultimo Ottocento e il primo Novecento, dall’ingegnere statunitense F. W. Taylor (1856-1915), fondata sull’analisi dei processi di lavorazione e sulla razionalizzazione, ai fini di una resa economica ottimale, del ciclo produttivo e dell’attività lavorativa (programmazione dei movimenti e dei tempi necessarî, eliminazione di tempi morti e sforzi inutili, regolazione del flusso dei materiali, selezione del personale, incentivazione del rendimento, ecc.); è comunem. connessa con il procedimento della catena di montaggio (v. montaggio, n. 1).

In questo post, andremo un po’ più a fondo rispetto alla definizione di taylorismo.

Vedremo cos’è, in che contesto è nato, quali sono state le sue applicazioni pratiche, e quali sono le critiche mosse ad esso.

Chi era Taylor?

Frederick Winslow Taylor (1856-1915)era un ingegnere meccanico, nato in Pennsylvania da una famiglia molto agiata.

Da giovane fu accettato dall’Università di Harvard, ma non la frequentò; preferì concentrarsi invece sulle fabbriche.

In quegli anni l’America stava vivendo una rivoluzione dal punto di vista industriale. Nuove fabbriche nascevano ogni giorno, e gli americani si spostavano nei grossi centri in cerca di fortuna, e di un lavoro.

Taylor imparò a leggere i progetti meccanici e ad usare le macchine in prima persona.

Fece il macchinista presso la Enterprise Hydraulic Works di Philadelphia.

Dopo iniziò a lavorare alle Midvale Steel Works, dove iniziando la sua carriera dal basso, diventò ingegnere capo.

lVista aerea della midvale steel works

Nel 1898, passò alla Bethlehem Steel Corporation, compagnia leader nella manifattura dell’acciaio, per poi lasciarla nel 1901 e dedicarsi a lavori di consulenza.

Durante gli anni di permanenza nelle diverse compagnie, Taylor ha osservato il lavoro degli operai, calcolando il tempo di ogni cosa.

Ogni mansione era suddivisa in compiti (tasks)e sotto-compiti più semplici, con un’attenzione particolare all’efficienza.

Taylor notò, ad esempio, che gli spalatori di carbone erano maggiormente efficienti sollevando esattamente 9,75 kg.

Dunque creò una pala apposita per sollevare esattamente quel peso, e formulò un programma di quanto carbone ogni spalatore avrebbe dovuto sollevare ogni minuto, e ogni ora, programmando anche le pause.

La produttività aumentava, ma i lavoratori non erano del tutto contenti.

Taylorismo - Spalatori di carbone

Quando Taylor, nel 1911 pubblicò il suo lavoro principale, “The principles of Scientific Management“, l’entusiasmo per le sue idee era al suo apice.

Il taylorismo era talmente in auge che Henry Ford seguì i principi di Taylor della divisione del lavoro e dell’attenzione alla velocità di esecuzione dei compiti (time and motion)per progettare le catene di montaggio dei suoi stabilimenti.

Taylorismo: The Principles of Scientific Management - Frederick Taylor

Il lavoro di Taylor ha avuto un impatto dilagante sul management, e ancora oggi molte sue intuizioni sono usate nell’ambito della gestione d’impresa.

L’organizzazione scientifica del lavoro

In estrema sintesi, l’organizzazione scientifica del lavoro può essere indicata con quattro capisaldi:

  1. Rimpiazzare il modo in cui i compiti vengono svolti.
    Usualmente gli operai imparavano a svolgere le proprie mansioni attraverso il passaparola, oppure osservando gli altri lavorare.
    Con l’organizzazione scientifica del lavoro i metodi sono basati sullo studio scientifico dei compiti (per questo si indica spesso l’organizzazione scientifica del lavoro con il termine “Tasks Management“).
  2. Selezione e formazione scientifica dei lavoratori.
    Anziché lasciare che il lavoratore si formi da solo osservando gli altri lavoratori e attraverso la pratica.
  3. Cooperazione tra manager e lavoratori.
    Affinché i metodi dell’organizzazione scientifica del lavoro vengano attuati, manager e lavoratori devono cooperare per raggiungere il fine ultimo dell’organizzazione, cioè l’efficienza.
  4. Dividere il lavoro equamente tra lavoratori e manager.
    In modo che i manager attuino i principi del management scientifico, pianificando i compiti che i lavoratori devono eseguire.

Secondo Taylor, ogni compito deve essere svolto in modo preciso, seguendo la “One Best Way“, cioè il modo più efficiente, per svolgere quella mansione.

Inoltre, nella sua opera, Taylor parla di come i lavoratori abbiano una tendenza a “prendersela comoda“, a lavorare meno rispetto a quanto potrebbero (il termine inglese usato da Taylor è “soldiering“, che potrebbe tradursi come “cameratismo“).


Critiche al Taylorismo

Il Taylorismo è stato spesso criticato per la sua visione ‘inumana‘ dell’azienda e dei lavoratori.

L’organizzazione scientifica del lavoro è accusata di non tenere conto degli aspetti fisiologici, biologici e psicologici dell’operaio.

Inoltre, viene fatta notare una dequalificazione del lavoro dell’operaio, trattato, secondo i critici, come semplice ingranaggio di una macchina (cog in the machine).

Nel film “Tempi Moderni” (Modern Times), Charlie Chaplin esprime in immagini questa critica in modo evidente.

Scena dal film “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin (critica al Taylorismo)

La scena mostra un manager che da il via ad un operaio per attivare la catena di montaggio.

L’operaio esegue prontamente il comando imposto dal vertice, e gli operai (tra cui Chaplin)devono lavorare velocemente in catena di montaggio, ad avvitare dei bulloni.

Chaplin non riesce a mantenere il ritmo, e viene risucchiato dagli ingranaggi. Tornato fuori, si comporta in modo folle (critica alle consequenze psicologiche del modello taylorista).

L’influenza del Taylorismo

Spesso il taylorismo viene descritto come qualcosa che è valso soltanto per l’inizio del XX Secolo, e che sia ormai distante dal mondo di oggi.

Tuttavia, osservando più attentamente la realtà quotidiana, si può vedere che la sua influenza è presente tutt’oggi, sia nella pratica delle imprese, che nelle idee sul management.

Pensiamo ad esempio a McDonald’s, l’azienda simbolo della standardizzazione e della globalizzazione.
Notiamo come i compiti di ciascun impiegato siano strettamente definiti, e le procedure siano codificate e formalizzate in un apposito manuale.

McDonald’s dunque crede nella ‘One Best Way‘ di Taylor, nel modo migliore di svolgere le operazioni e i compiti minimizzando le inefficienze.

Anche negli stabilimenti produttivi automobilistici, ancora oggi le catene di montaggio (simbolo forse più noto del taylorismo)hanno compiti ben definiti, le mansioni degli operai sono specializzate, e le pause sono concordate e ben delineate (si pensi alle proteste sindacali per allungare di qualche minuto le pause concordate tra le imprese e i sindacati).

Inoltre, buona parte della letteratura economica, in materia di motivazione delle risorse umane, propone delle soluzioni che sembrano un’eccezione alla regola del taylorismo.
Soluzioni come l’empowerment, la rotazione del personale, ecc… a volte sembrano un diversivo alla regola, che è quella della massimizzazione dell’efficienza.

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