Il PIL, questo sconosciuto

I nostri quotidiani, telegiornali, blog economici e così via sono pieni di parole come crescita, sviluppo, investimenti, PIL, ma quanti sanno realmente cosa si intende per PIL? Cos’è il Prodotto Interno Lordo? Come si calcola? Il fatto che il PIL aumenti è un bene o un male per la società?

Queste domande non hanno tutte una risposta univoca, e i pareri di autorevoli economisti possono anche essere discordanti tra loro.

Premetto che chi scrive non è un fanatico della decrescita, o un hippie che pensa che il capitalismo sia il male del secolo, tuttavia qualsiasi persona dotata di occhi per vedere ed orecchie per sentire non può non notare che c’è qualcosa che non va nella misurazione della nostra ricchezza e del nostro sviluppo come esseri umani e come società.

Partiamo dall’inizio: come si calcola il PIL?

Chi ha studiato la cosiddetta macroeconomia o un qualsiasi corso base di economia politica, sa che l’equazione canonica per il calcolo del PIL è:

Y = C + I + G

Dove:

C = Consumi

I = Investimenti

G = Spesa Pubblica

 

Se poi si vogliono calcolare anche le importazioni (M) e le esportazioni (X), l’equazione diventa:

 

Y = C + I + G + (X – M)

 

In parole povere il PIL non calcola altro che tutto ciò che viene prodotto in un Paese in un dato arco di tempo, ovvero un anno.

Se compriamo una coca-cola e spendiamo 1,20 € allora il PIL aumenta di 1,20 € e così via, calcolando oltre ai consumi anche gli investimenti e la spesa pubblica.

I metodi per calcolarlo sono diversi, e ci sono anche numerosi tecnicismi.
Ad esempio nel calcolo del PIL non viene computata la compravendita di prodotti usati (perché quello è un trasferimento della ricchezza, non creazione di nuova ricchezza). Per entrare nel dettaglio potete  consultare un manuale di economia politica qualunque.

Bob Kennedy e il PIL

Avendo un’idea di come si calcola il PIL, dobbiamo porci la seguente domanda: un indice del genere è idoneo a stabilire se la società migliora o peggiora?

Una risposta semplice ed efficace è contenuta in questo discorso sul PIL pronunciato da Robert Kennedy:

 

 

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari; si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la nostra devozione al nostro Paese. Misura tutto in breve, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

[Robert Kennedy all’università del Kansas il 18 marzo 1968, tre mesi prima di essere assassinato].

Altre critiche al PIL

Il PIL dunque è screditato già da molto tempo, e non solo dalla voce di Robert Kennedy.

Il premio Nobel Paul Samuelson aveva mostrato un aspetto assurdo del PIL tramite il celebre esempio dei lavoratori domestici.

Samuelson faceva notare come il PIL misuri beni e servizi prodotti in un economia, purché vengano pagati.

Nel celebre esempio Samuelson faceva notare che «se io sposo la mia domestica, automaticamente faccio scendere il PIL», questo perché finché la domestica era pagata, questo veniva incluso nel PIL, ma quando la domestica diventa moglie, e il medesimo lavoro non viene pagato, allora questo non viene calcolato nel PIL.

Un’altra nota critica è quella dell’economista Diane Coyle, che ha scritto un libro sulla storia del PIL: GDP: A Brief But Affectionate History

[GDP è il nome che viene dato ai Paesi anglofoni al PIL, è l’acronimo di Gross Domestic Product].

Si trova un discorso della Coyle sull’argomento, disponibile a questo link youtube (solo in inglese).

Anche chi ha ‘inventato’ il PIL, l’economista Simon Kuznets, che fu il primo a lavorarci negli anni trenta, dopo averlo inventato ha espresso diverse riserve sulla sua validità.

Cosa il PIL non calcola

Il PIL non calcola una serie di valori che pure influiscono sulla vita e sull’economia di un sistema: il cosiddetto ‘nero‘ (che in Paesi come il nostro ha un’influenza non indifferente).

Nel PIL non viene calcolato neanche l’impatto ambientale della crescita, che negli ultimi decenni preoccupa tutto il pianeta.

Un’altra cosa che viene tralasciata da questo indicatore è la ‘qualità’ della crescita; se aumenta la vendita di pistole, o di alcolici, o di sigarette, automaticamente sale anche il PIL, ma questo evidentemente non è un ‘bene‘ per la società.

Allo stesso modo, con l’aumentare della spesa sanitaria per curare i malati di tumore il PIL cresce, ma questo è evidentemente un ‘male‘ per la società.

In altre parole il PIL non distingue tra ‘bene‘ e ‘male‘, non fa un’analisi di merito sui motivi della sua crescita, vuole soltanto crescere, e ‘si ciba‘ di qualsiasi cosa purché cresca.

Altri indicatori

Una serie di indicatori alternativi al PIL per misurare lo stato di un sistema economico sono stati proposti, tra questi uno di quelli osservati con maggior favore è quello elaborato per le Nazioni Unite dall’economista Amartya Sen insieme ad altri: l’Indice di Sviluppo Umano, ISU (in inglese HDI: Human Development Index) che misura anche, ad esempio, il grado di istruzione, la qualità della salute, ed altre variabile non incluse nel PIL.

Ecco una serie di link utili per approfondire l’argomento dell’HDI:

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